Con sentenza n. 4733 del 2017, il Consiglio di Stato si è pronunciato sugli appelli proposti dalle società Comerin Srl, Maren Srl, Technomont Srl, Tecnosit Srl, TPS Taranto Srl, Consorzio Chiome e Work Service Srl avverso le sentenze del Tar Lazio che avevano confermato il provvedimento sanzionatorio emesso dall’AGCM nei loro confronti a conclusione del procedimento istruttorio I782.
Come si ricorderà, con il suddetto provvedimento sanzionatorio, l’AGCM aveva accertato la sussistenza di un’intesa orizzontale tra Comerin Srl, Maren Srl, Technomont Srl, Tecnosit Srl, Tps Taranto Srl, Consorzio Chiome, Work Service Srl, Metalblock Srlper, Serveco Srl, Sait Spa, Siman Srl e Coibesa Thermosound Spa, raggruppate in tre ATI, volta alla ripartizione del mercato e alla cristallizzazione delle rispettive aree di incumbency, attraverso il coordinamento della reciproca strategia partecipativa in tre gare d’appalto bandite da Navarm. Secondo l’AGCM, l’intesa, così posta in essere, aveva avuto altresì ad oggetto la fissazione dei prezzi di aggiudicazione delle gare condizionate dalla concertazione (e, quindi, del valore economico delle commesse).
Alla luce della ritenuta gravità dell’infrazione, l’AGCM ai fini sanzionatori aveva preso in considerazione il 15% del valore delle vendite, cui aveva aggiunto una entry fee pari al 15%.
Pronunciandosi sui ricorsi promossi dalle dodici società, il Tar Lazio aveva confermato il provvedimento impugnato, ritenendo esente da censure tanto l’accertamento dell’intesa compiuto dall’AGCM – in quanto fondato su un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti, idonei a delineare una chiara linea comportamentale, che non lasciava spazio ad ipotesi ricostruttive alternative – quanto l’attività di quantificazione della sanzione compiuta dall’AGCM, giudicata conforme al criterio di adeguatezza e ai principi di logicità e ragionevolezza.
Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato si è pronunciato sugli appelli proposti da alcune delle società destinatarie del provvedimento, rigettando le censure relative all’accertamento dell’infrazione – ritenendo congrua e corretta l’attività di indagine e valutazione compiuta sotto tale profilo dall’AGCM – e accogliendo invece quelle concernenti la quantificazione della sanzione.
In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto fondata la censura relativa al mancato rispetto del parametro di commisurazione della sanzione incentrato sulla gravità della condotta. Nel motivare, il Consiglio di Stato ha ribadito il principio secondo cui, seppur nel caso di intesa avente un oggetto anticoncorrenziale, non è necessario, perché la stessa possa essere qualificata come illecita, effettuare ulteriori valutazioni sugli effetti concreti che la stessa ha avuto sul mercato, cionondimeno, l’analisi degli effetti prodotti sul mercato ben può incidere sulla valutazione di gravità della intesa illecita e, di conseguenza, sulla quantificazione della sanzione pecuniaria.
Nel caso di specie, secondo i Giudici di Palazzo Spada, l’AGCM avrebbe dovuto tenere in considerazione, nella scelta della percentuale applicabile al valore delle vendite, l’assenza degli effetti pregiudizievoli concreti sul mercato e comunque lo scarso impatto economico effettivo derivato dall’intesa.
Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ridotto la misura della sanzione pecuniaria comminata dall’AGCM del 70%.
Il testo della sentenza è disponibile qui
Fonte: Giustizia Amministrativa