Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1794 del 2019, ha rigettato l’appello proposto dal Consiglio Notarile di Verona (CNV) avverso la sentenza con cui il Tar Lazio aveva confermato il provvedimento sanzionatorio adottato dall’AGCM all’esito del procedimento I753.
Con provvedimento del 30 maggio 2013 l’Autorità aveva sanzionato il CNV per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza finalizzata a reintrodurre le tariffe abrogate dalla legge quale parametro di riferimento per la determinazione dei compensi, minacciando provvedimenti disciplinari in caso di mancato adeguamento. In particolare, secondo l’AGCM, attraverso il principio dell’adeguatezza del compenso alla prestazione professionale il Consiglio Notarile richiedeva nella sostanza ai notai di ancorare le tariffe praticate alla clientela a quelle ministeriali abrogate dal legislatore, ricorrendo poi alla minaccia di azioni disciplinari, per garantire comportamenti omogenei, in termini di prezzo, da parte di tutti i professionisti del distretto.
Nel 2014, pronunciandosi sul ricorso proposto dal CNV il Tar Lazio aveva confermato integralmente il provvedimento sanzionatorio.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’appello proposto dal CNV avverso la predetta sentenza, rigettandolo in quanto infondato.
Nello specifico, il Consiglio di Stato ha anzitutto disatteso l’argomentazione del CNV secondo cui la professione notarile non potrebbe essere considerata come attività di impresa, ed essere pertanto assoggettata alla normativa antitrust, siccome caratterizzata dal “munus publicum” che, determinando la doverosità della prestazione, farebbe venir meno i presupposti di discrezionalità e autonomia che caratterizzano l’attività di impresa.
Il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto non persuasivo l’argomento, considerando che i notai – pur perseguendo obiettivi di pubblico interesse e assumendo la qualità di pubblici ufficiali -, quali esercenti una professione intellettuale, offrono sul mercato, dietro corrispettivo, stabilmente, in forma indipendente e in condizioni di concorrenza, prestazioni suscettibili di valutazione economica. Inoltre, afferma il Collegio, l’esercizio di pubblici poteri connessi all’attività libero professionale non può assumere efficacia di esimente dalla applicazione della normativa antitrust.
Non meritevole di accoglimento è stata giudicata anche la censura del CNV secondo cui le proprie condotte, in quanto adottate nell’esercizio di cogenti e specifici doveri di vigilanza era da considerarsi sottratti alla applicazione delle regole antitrust.
Secondo il Consiglio di Stato infatti, l’AGCM ha correttamente ritenuto che il CNV avesse deliberato e agito come associazione di imprese nell’esercizio della regolazione dei comportamenti economici dei professionisti “associati”, non rilevando in proposito le argomentazioni dirette a valorizzare le funzioni pubblicistiche, anche attinenti alla vigilanza affidati ai Consigli Notarili.
Sul punto il Consiglio di Stato ha peraltro affermato che “la difesa della figura del professionista notaio e della deontologia che connota questa peculiare attività non può essere più affidata alla rigida osservanza dello strumento tariffario“.
Le ulteriori argomentazioni volte a contestare l’accertamento compiuto dall’AGCM e l’attività di quantificazione della sanzione sono state parimenti disattese dal Consiglio di Stato, che ha confermato in toto la sentenza del TAR.
La sentenze è disponibile qui.
Fonte: Giustizia Amministrativa