Con sentenza n. 2764 del 2020 il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello proposto dal’AGCM avverso la sentenza con cui il Tar Lazio aveva annullato il provvedimento di inottemperanza al provvedimento I748 emesso nei confronti del CNF.
Come si ricorderà, con il provvedimento emesso a conclusione del procedimento I748 l’AGCM aveva sanzionato il CNF per aver posto in essere un’unica e continuata intesa restrittiva della concorrenza consistente nell’adozione e pubblicazione di due decisioni volte a limitare l’autonomia dei professionisti rispetto alla determinazione del proprio comportamento economico sul mercato, ossia 1) il parere 48/2012, attraverso il quale veniva censurato l’utilizzo della pubblicità tramite circuiti web; 2) la circolare n. 22-C/2006 con la quale il CNF aveva di fatto reintrodotto la vincolavità dei minimi tariffari.
Accogliendo parzialmente il ricorso del CNF il Tar Lazio aveva annullato il provvedimento I748 nella sola parte in cui qualificava come anticoncorrenziale le condotte afferenti alla circolare n. 22-C/2006.
In pendenza del il giudizio di appello avverso tale sentenza dinnanzi al Consiglio di Stato, a febbraio 2016, l’AGCM aveva accertato l’inottemperanza al provvedimento sanzionatorio, per non aver il CNF adottato provvedimenti espressi di revoca del parere 48/12 e per aver adottato un atto interpretativo di tale parere, che stigmatizzava come comportamento deontologicamente scorretto la ricerca e l’acquisizione di clientela attraverso la suggestione creata dalla convenienza economica.
Dopo l’adozione del provvedimento di inottemperanza, nel marzo 2016, con la sentenza n. 1164 il Consiglio di Stato ha confermato la piena legittimità del primo provvedimento sanzionatorio; nell’aprile 2016 il CNF ha poi provveduto a revocare il parere 48/2012.
Il provvedimento di inottemperanza è stato annullato in primo grado dal Tar Lazio sulla scorta delle seguenti motivazioni:
- l’AGCM aveva violato le norme procedurali per non aver concesso al CNF di essere sentito dal Collegio dell’Autorità nel corso del procedimento e di esporre le proprie difese nell’audizione finale e per aver omesso di inviare la comunicazione delle risultanze istruttorie;
- la mancata revoca di un atto di un’associazione con contenuto anticoncorrenziale non integra, a differenza della sua adozione, un comportamento rilevante ai fini antitrust, a meno che, sulla base della delibera originaria, vengano minacciati o attivati procedimenti disciplinari nei confronti degli iscritti, circostanza esclusa nel caso di specie;
- l’atto interpretativo del parere 48/12 aveva un contenuto diverso dal parere n. 48/2012, oggetto del precedente provvedimento sanzionatorio; pertanto, nella sua adozione non poteva essere ravvisata un’ipotesi di inottemperanza ai sensi dell’art. 15 della l. 287/90, posto che il ricorso al procedimento di inottemperanza, in luogo di un nuovo procedimento sanzionatorio, è giustificato solo quando sussiste una facilmente apprezzabile reiterazione di una condotta identica a quella già oggetto di sanzione. Inoltre il provvedimento non individuava ragioni specifiche per le quali l’atto interpretativo avrebbe avuto un contenuto oggettivamente anticoncorrenziale.
Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato ha confermato l’illegittimità del provvedimento di inottemperanza, sulla base di un diverso iter argomentativo, ritenendo che:
- la condotta contestata con il provvedimento di inottemperanza – non aver posto termine all’intesa all’illecito concorrenziale realizzato con il parere 48/2012 – era la medesima già oggetto della sanzione comminata con il primo provvedimento sanzionatorio; ’illegittimità del ne bis in idem non può essere nel caso di specie esclusa sulla base di quanto statuito dalla Corte di Giustizia nella sentenza C-617/17, non risultando dal provvedimento che l’Autorità abbia compiuto una valutazione specifica di proporzionalità delle due sanzioni irrogate;
- con la sentenza n. 1164 il Consiglio di Stato aveva confermato (seppur con riferimento alla condotta afferente alla circolare n. 22-C/2006) la rilevanza ai fini sanzionatori de “la condotta illecita protratta nel tempo” ed aveva confermato in toto il provvedimento sanzionatorio; pertanto, “solo dalla notifica della sentenza di secondo grado n. 1164 cit. di riforma della prima e conferma della legittimità ed efficacia della sanzione, poteva considerarsi certo e cogente l’obbligo di ritirare il parere, com’è puntualmente avvenuto in tempi più che ragionevoli” avendo il CNF ritirato il parere ad aprile 2016, un mese dopo la pubblicazione della sentenza.
Pur ritenendo le considerazioni di cui sopra assorbenti, il Consiglio di Stato ha comunque confermato il giudizio del Tar in merito ai vizi procedurali.
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Fonte: Giustizia Amministrativa