Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3197 del 2018, ha accolto l’appello proposto dall’AGCM avverso le sentenze con cui il Tar Lazio, pronunciandosi sui ricorsi proposti da Tubosider S.p.A., Industria Meccanica Varricchio S.p.A. e Marcegaglia S.p.A. aveva annullato – limitatamente alle posizioni delle predette società – il provvedimento sanzionatorio adottato dall’AGCM all’esito del procedimento I723.
Come si ricorderà, con il procedimento I723 l’AGCM aveva accertato che le imprese aderenti al consorzio Comast (Consorzio Manufatti Stradali Metallici in liquidazione) – tra cui Tubosider S.p.A., Industria Meccanica Varricchio S.p.A. e Marcegaglia S.p.A. – avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza finalizzata alla ripartizione del mercato e alla condivisione dei prezzi di riferimento, realizzata anche grazie allo scambio di informazioni strategiche sensibili.
Con le sentenze impugnate il Tar Lazio, in accoglimento dei ricorsi presentati dalle predette società (rispettivamente, sentenze nn. 8671/2013, 8672/2013 e 8676/2013), aveva annullato la deliberazione sanzionatoria, in considerazione delle – molteplici e non debitamente giustificate – proroghe del termine inizialmente fissato per la conclusione del procedimento. Nella parte motiva i giudici amministrativi avevano osservato che la necessaria certezza su un ragionevole termine finale del procedimento troverebbe il proprio fondamento direttamente nell’art. 2 della legge sul procedimento amministrativo (L. n. 241/90).
Le considerazioni del Tar Lazio non sono state condivise dal Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto che eventuali vizi dei provvedimenti di proroga – ritenuti peraltro insussistenti dai Giudici di Palazzo Spada, che hanno giudicato tali provvedimenti adeguatamente motivati – non si ripercuotono sulla validità del provvedimento finale, considerata la natura non perentoria del termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio dell’AGCM. Salvo il caso in cui il termine sia indicato come perentorio – afferma il Consiglio di Stato – il ritardo non costituisce, ai sensi dell’art. 2-bis della legge sul procedimento amministrativo un vizio in sé dell’atto, ma è un presupposto che può determinare, in concorso con altre condizioni, una possibile forma di responsabilità risarcitoria dell’Amministrazione.
Il Consiglio di Stato, passando all’esame degli appelli incidentali, ha giudicato non fondati i motivi di appello con cui le società hanno dedotto il decorso del termine di prescrizione quinquennale di cui agli artt. 12 e 28 della l. 689/1981 – in virtù del riconoscimento dell’effetto interruttivo della prescrizione a qualsiasi atto dell’AGCM in applicazione dell’art. 25 del Regolamento n. 1/2003 – e la decadenza ex art. 14 della l. 689/1981, avendo il Consiglio di Stato ritenuto che la decorrenza del termine per la notifica della contestazione non decorre dalla commissione dell’illecito ma dal momento in cui l’Autorità ne acquisisce la piena conoscenza.
Respinti anche gli appelli incidentali, il Consiglio di Stato ha rigettato, infine, i motivi di ricorso assorbiti in primo grado e riproposti in appello dalle società sanzionate, ritenendo il provvedimento esente dai vizi dedotti sotto i profili di difetto di istruttoria, contraddittorietà e violazione del principio di proporzionalità nell’ambito della quantificazione della sanzione irrogata.
Replicando alla censura mossa dalle società circa l’utilizzo illegittimo da parte dell’Autorità degli elementi di prova trasmessi dall’autorità giudiziaria penale, i Giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che “né la legge generale sul procedimento amministrativo, né la specifica disciplina antitrust, contemplano preclusioni in ordine all’utilizzo ai fini istruttori di prove raccolte in un processo penale, a patto che: – le prove siano state ritualmente acquisite in conformità con le regole di rito che presiedono alla loro acquisizione ed utilizzo; – sia salvaguardato il diritto di difesa; – il materiale probatorio formatosi aliunde sia stato oggetto di una autonoma attività valutativa“.
Per l’effetto, riformando le sentenze del Tar Lazio, il Consiglio di Stato ha dunque confermato il provvedimento sanzionatorio nei confronti delle società Tubosider S.p.A., Industria Meccanica Varricchio S.p.A. e Marcegaglia S.p.A..
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Fonte: Giustizia Amministrativa