Anche in ambito comunitario si fa strada il riconoscimento dei danni sofferti dalle imprese per procedimenti lunghi e dispendiosi, anche laddove le stesse risultino soccombenti. E’ il caso di tre recenti sentenze della Corte di Giustizia, pronunciate a seguito dei ricorsi proposti da alcune imprese partecipanti a un cartello nel mercato dei sacchetti di plastica industriali avverso delle sentenze del Tribunale di prima istanza.
La Corte, pur confermando l’entità della sanzione pecuniaria per le infrazioni contestate (spartizione del mercato e fissazione prezzi), ha, tuttavia, riconosciuto l’applicazione del principio di durata ragionevole del procedimento.
Sul punto, la Corte ha stabilito che una domanda di risarcimento danni proposta nei confronti dell’Unione, motivata dal superamento di un termine ragionevole entro il quale si deve concludere un procedimento, è senz’altro ammissibile, se proposta dinanzi al Tribunale stesso nella forma di un ricorso per risarcimento danni.
Nel caso di specie, la durata della trattazione della causa (quasi 6 anni, dopo la decisione della Commissione, risalente al 2005) non può trovare giustificazione in alcuna delle circostanze relative al normale svolgimento dei procedimenti giudiziali. Il Tribunale ha, secondo la Corte, commesso una violazione qualificata del diritto che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea conferisce alle parti, e che garantisce che il procedimento sia trattato entro un termine ragionevole.
La sentenza merita attenzione non solo per il riconoscimento di una tutela sostanziale in sede giurisdizionale (indipendente dal merito e dall’esito del procedimento), ma anche dall’impatto e dai possibili risultati che la sua applicazione troverebbe nella giurisdizione italiana.
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Fonte: Corte di Giustizia Europea
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